La Cisl

La Cisl ha sempre interpretato l’autonomia come capacità di elaborare politiche proprie rispondenti ai mutamenti e alle domande del mondo del lavoro e della società. Questa capacità si è consolidata grazie a un costante esercizio di riflessione libera da influenze ideologiche e da pressioni partitiche, all’impegno di formazione delle risorse umane e dei gruppi dirigenti, al collegamento con i movimenti associativi e culturali di area sia cattolica che laica. Il contributo che la Cisl ha dato all’evoluzione del sindacalismo italiano e all’avanzamento dei lavoratori nella vita sociale e politica del paese è stato originale e talvolta in anticipo con i tempi. Così negli anni Cinquanta la Cisl ha aperto la strada alla contrattazione articolata e alla presenza sindacale nei luoghi di lavoro, e negli anni Ottanta ha imperniato la sua azione di difesa del salario e del lavoro sulla lotta all’inflazione e sulla revisione della scala mobile.

Concertazione e partecipazione. La tutela della condizioni materiali e civili dei lavoratori si lega ogni giorno di più a scelte di politica economica che garantiscano progresso e coesione sociale, innovazione e consenso democratico. La Cisl considera decisiva la politica dei redditi; una politica cioè che promuova il risanamento e lo sviluppo del paese mediante una ripartizione equa dei costi e dei benefici fra i lavoratori e gli altri ceti o fra le diverse aree del territorio nazionale. La strategia più utile a questo fine è la concertazione fra governo e parti sociali, inaugurata con l’Accordo del 23 luglio 1993. Essa ha consentito di superare un periodo di grave crisi e ha favorito i rinnovi contrattuali, l’abbattimento dell’inflazione, la ripresa produttiva, l’avvicinamento al traguardo europeo. Ad essa si devono: contratti nazionali collettivi di lavoro in cui l’incremento dei salari è basato sul tasso d’inflazione programmata e sul recupero in tempi certi della differenza fra questa e l’inflazione reale; un modello di relazioni sindacali con due livelli contrattuali (nazionale e decentrato) e nuove forme di rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro (Rsu).Fondamentale è per la Cisl che si realizzi una partecipazione più diretta e incisiva dei lavoratori ai destini delle imprese. Con norme contrattuali e legislative vanno sostenuti il loro inserimento negli organi societari di gestione e di controllo e il loro concorso alla formazione del capitale di rischio, attraverso l’azionariato diffuso. Lavoro, Mezzogiorno e riduzione d’orario. Il lavoro non va di pari passo con lo sviluppo. I processi produttivi tendono anzi a fare a meno dell’apporto dell’uomo e ricorrere all’informatica e alle macchine. In Italia la disoccupazione si mantiene alta ed è segnata dal divario profondo che separa le aree ricche del Nord da quelle in grave ritardo di buona parte del Sud. Per dare impulso al lavoro occorre agire su molte leve con interventi coordinati. Essenziale è la riforma dell’istruzione e della formazione professionale, con l’elevamento dell’obbligo scolastico, il riordino degli indirizzi e dei corsi di studio, la diversificazione dei titoli di diploma e di laurea. Da incoraggiare sono gli investimenti in settori come i servizi alla persona, l’ambiente, i beni culturali, l’uso del tempo libero, l’imprenditorialità giovanile, la cooperazione, il non profit. Nelle zone del Mezzogiorno dove manca, il lavoro va creato con agevolazioni creditizie, fiscali e contrattuali, opere infrastrutturali (viabilità, telecomunicazioni, reti di ricerca e di assistenza tecnica), bonifiche ambientali contro il rischio della criminalità. Ulteriori misure riguardano: il riassetto del mercato del lavoro e dei servizi per l’impiego, che devono essere più agili e collegarsi al territorio; la regolamentazione del lavoro a termine, parziale, interinale; la flessibilità contrattata dell’organizzazione e del tempo di lavoro; l’emersione del lavoro nero e irregolare; gli incentivi all’ingresso al lavoro dei giovani e delle donne; gli strumenti di sostegno alla mobilità, alla riqualificazione e al reinserimento. Un obiettivo ormai maturo per allargare le occasioni di lavoro è la riduzione del lavoro settimanale pro capite a 35 ore. Una meta non lontana è quella delle 30 ore settimanali medie. Il nuovo Stato sociale e la famiglia. Il lavoro è anche alla radice della riforma dello Stato sociale. Questa è resa urgente dalla crisi finanziaria che ha colpito la previdenza, l’assistenza, la sanità e che rende precaria la salvaguardia dei diritti di cittadinanza fondamentali quali la salute, la pensione, il reddito minimo vitale, l’accesso all’istruzione e all’impiego. L’innalzamento della durata della vita, l’aumento del numero dei pensionati rispetto agli attivi, la richiesta crescente di servizi sociali più funzionali sono tra le cause dell’espansione della spesa sociale e della difficoltà di far fronte ad essa. Non si può pensare di rimediare aggravando ancora il deficit di bilancio e il carico fiscale a danno dei lavoratori e dei percettori di reddito fisso. Si tratta allora di controllare meglio la spesa, eliminando sprechi e privilegi: va assicurata la pari opportunità per tutti i cittadini nell’erogazione dei servizi sociali e delle pensioni, chiamando chi gode di redditi più elevati a sostenere quote della spesa. Si tratta anche di alimentare le fonti di finanziamento, dando luogo alla previdenza complementare collettiva e puntando sulla promozione del lavoro per i giovani. Alla base dello Stato sociale è infatti il patto di solidarietà fra le generazioni: tra chi oggi ha un lavoro, chi ne ha beneficiato in passato, chi ne avrà uno in futuro. Nello Stato sociale la famiglia gioca un ruolo primario. Il livello complessivo del reddito familiare deve diventare il metro per identificare le condizioni di disagio reale. La famiglia va aiutata nei suoi compiti di riproduzione, cura e educazione con una politica per la casa, provvedimenti fiscali, sanitari, assistenziali, una diversa organizzazione dei servizi e dei tempi di lavoro. Occorrono l’impegno diretto degli enti locali e specifiche proposte contrattuali. Le riforme istituzionali. La Cisl condivide la spinta al cambiamento politico che la società italiana ha espresso in questi anni. Ha guardato con soddisfazione al passaggio verso una democrazia dell’alternanza, sancita dalla legge elettorale maggioritaria del 1993 e dalla precedente caduta del blocco comunista internazionale. Regole certe sul ricambio delle forze politiche alla guida del paese, sui poteri della maggioranza cui spetta di governare e su quelli dell’opposizione cui competono funzioni di controllo sono fondamentali per costruire un sistema politico forte dell’adesione e della verifica continua dei cittadini. Il cammino intrapreso in questo senso è da completare, ponendo mano a riforme istituzionali che modifichino la forma di Stato e quella di governo. La Cisl sostiene il superamento del centralismo statale e l’instaurazione di un federalismo solidale che si ispiri ai principi dell’autogoverno delle comunità locali, della responsabilità diretta degli eletti e degli elettori, dell’autonomia legislativa e fiscale, dell’impiego efficace e trasparente delle risorse pubbliche, dell’equilibrio e della cooperazione fra le Regioni. La Cisl è anche favorevole al potenziamento del ruolo e dei poteri dell’esecutivo, a una forma di governo che dia autorità e legittimazione al Primo ministro e si avvalga di una forte e stabile maggioranza parlamentare. È per un Parlamento sovrano, ridotto di numero e non dominato dal peso degli apparati di partito e dei gruppi di pressione corporativa. In questo senso, auspica un’evoluzione più decisa del sistema politico verso il bipolarismo. Dalle riforme istituzionali è lecito attendersi anche un riconoscimento pieno del sindacato, degli altri soggetti sociali e degli interessi che essi rappresentano. Gli obiettivi di equità, di solidarietà, di compartecipazione responsabile, di regolazione positiva dei conflitti sociali perseguiti dalla concertazione possono e debbono trovare accoglimento adeguato all’interno di una revisione della Carta costituzionale o di un’apposita legislazione. Il modello associativo e l’unità sindacale. La Cisl sollecita la costituzione di un nuovo soggetto unitario che raccolga e rilanci l’esperienza del sindacalismo confederale democratico. L’unità sindacale è necessaria per estendere la presenza nel mondo del lavoro tradizionale, per fare spazio ai giovani e alle nuove forme di lavoro, per aggregare i disoccupati, gli immigrati e gli altri soggetti marginali, per sostenere con maggiore coerenza ed efficacia la politica di concertazione, per dare più forza alla rappresentanza dei lavoratori organizzati dentro le imprese.Lo statuto del sindacato unitario dovrà fissare nei tempi più brevi valori istitutivi e regole di convivenza che ne convalidino la natura di libera associazione, autonoma, democratica, pluralista, che trae dall’adesione degli iscritti la sua ragion d’essere e il mandato a definire programmi, a elaborare piattaforme, a firmare contratti. Interventi legislativi sulla rappresentanza e la rappresentatività del sindacato sono in questo contesto ammissibili, alla luce anche della formazione delle Rsu. Il sindacato dovrà continuare a stabilire in piena autonomia le modalità delle sue decisioni. La sua rappresentatività dovrà essere misurata sulla consistenza degli iscritti, il suo ruolo non potrà essere assorbito o sostituito da quello di organi di rappresentanza che non abbiano gli iscritti come riferimento. La Cisl intende essere fedele al modello di confederazione di categorie: queste rimangono il veicolo privilegiato dell’associazionismo, i titolari della contrattazione, i soggetti dell’identità collettiva. La Cisl trova nei luoghi di lavoro e nei territori il proprio radicamento, le occasioni di partecipazione diffusa, le verifiche alle sue proposte. Rimane massima perciò l’attenzione alla sua presenza organizzata in tutte le realtà lavorative.